A porsi questa domanda è il Prof. Vito di Bari, intervenuto al Convegno Enterprise 2.0 organizzato da IDC a Milano. Ecco i pro e i contro per le aziende che attraversano la crisi economica. Ed ecco perchè aprirsi e partecipare è il miglior modo per vincere la paura. di Leonardo Bellini “Siamo alla vigilia di una lunga crisi, gli analisti realisti parlano di 18 mesi, ma siamo proprio sicuri di voler affrontare le difficoltà ed i disagi insiti in un processo di cambiamento come quello necessario per trasformare la nostra azienda in un’impresa 2.0 e proprio in questo periodo?
La risposta immediata che si percepisce nellì’aria è : “No”.
Con questa domanda provocatoria, esordisce Vito di Bari, Prof. All’Università Bicocca a Milano, autore del libro “ Web 2.0’ al Convegno Enterprise 2.0 organizzato da IDC a Milano. “Ma come tutte le crisi, questa apre o a volte spalanca nuove opportunità, così , potremmo approfittare di questo periodo per soffermarsi e meditare su come potremmo arricchire le nostre fonti di creazione di valore, come migliorare il nostro vantaggio competitivo .
Cosa troveremo infatti tra 18 mesi, quando la crisi sarà auspicabilmente terminata?” – continua Di Bari - i mercati, le economie ricominceranno a tirare, alcune aziende non esisteranno più, ce ne saranno però di nuove, quelle che avranno fatto tesoro di questo periodo di crisi non solo per fare interventi e tagli a breve ma anche per ripensare creativamente e proattivamente alla propria proposta di valore e fonte di vantaggio competitivo. Ma se la crisi è una transizione, un passaggio da uno status quo ad un altro, - conclude Di Bari – ogni fase di transizione coincide con un cambiamento. Quale sarà dunque il nuovo paradigma una volta che la crisi sarà terminata? E il web 2.0 potrà essere questo paradigma? Ma partiamo dall’inizio, dalle definizioni; “Cos’è dunque il web 2.0? Una serie di tecnologie collaborative e partecipative che consentono alle persone – e alle aziende - di utilizzare la rete come se fosse una piattaforma unica. Una manciata di applicazioni di nuova generazione… e forse anche qualcosa o molto di più? “. Innanzitutto proviamo a chiederci: perché il termine Web 2.0 fosse così popolare? (circa 980 milioni di citazioni su Google, superiori ai risultati per la parola “Obama”, il tema caldo dell’anno) . Il web 2.0 è quindi il paradigma universalmente adottato dalle persone. È lecito allora pensare - si chiede Vito Di Bari - che il Web 2.0 possa diventare anche il paradigma delle imprese? Secondo Don Tapscott, autore di Wikinomics -questa non è una scelta bensì un obbligo a cui le aziende non possono sottrarsi. Da quando sono entrate in rete, queste applicazioni Social hanno mostrato un tasso di adozione e di utilizzo a 3 cifre: 668% di incremento in 6 mesi. Siamo qui a parlare allora non di una manciata di applicazioni, ma di ciò che chiede e vuole la gente. E per un’impresa la gente è tutto. Saranno loro che decreteranno il successo o il fallimento della vostra azienda.
Il web 2.0 è un paradigma per il quale bisogna prepararsi.
Non è detto che si possa attendere. L’impresa 2.0 non ha un andamento lineare ma va a gradini. Secondo Di Bari, ecco 3 motivi per le aziende per non aderire al Web 2.0: 1.Il web 2.0 è basato sulla condivisione delle informazioni: ciò apre aree di vulnerabilità. Pensiamo solo alla nostra Intranet.. 2.È provato che le logiche bottom-up portino ad una deriva anarchica (“Out of control”, un libro di Kevin Kelly postulava una nuova organizzazione di tipo bottom-up, recentemente l’autore ha affermato che ogni processo senza un controllo top-down porterà ad una deriva anarchica. 3.Le tematiche trattate internamente all’azienda possono essere complesse e delicate (es. piani di marketing, produzione, know-how) per aprirle al dialogo “Quando può invece valer la pena abbracciare il 2.0?”, si chiede Di Bari? Quando è in atto un cambiamento tecnologico e contemporaneamente si sta verificando un passaggio generazionale (l’avvento dei millenials e l’uscita dal mercato del lavoro dei baby boomers, ) ciò si trasforma in un uragano. All’interno delle imprese ai cosidetti nativi digitali sono quelli a cui verrà affidato il compito di prendere le redini dell’innovazione , soprattutto quelle digitali. Ecco invece 3 dritte per quelle aziende che intendono abbracciare il nuovo paradigma: 1.Vincete la paura di viralizzarvi, non abbiate timore di distribuire le informazioni sulla vostra azienda; della vostra azienda e dei vostri prodotti tanto i clienti e consumatori parleranno comunque (nei blog, nei forum, etc.) 2.Puntate tutto sui rich media; ora che abbiamo la banda larga, sfruttiamola! Se sapete attivare un processo saranno le persone che porteranno i contenuti 3.Fidelizzate, fidelizzate, fidelizzate: l’enterprise 2.0 richiede l’attivazione di un processo di fidelizzazione efficace. Gli strumenti ci sono: si va oltre il CRM, ci avviciniamo ad una relazione intima che deve durare per tutto il ciclo di vita del cliente e non del prodotto; Come si evince anche dalla presentazione di Vito Di Bari, il tema è complesso, vi sono ragioni contrapposte e comunque ugualmente valide; io penso che nel momento in cui i Nativi digitali avranno voce in azienda, il passaggio al 2.0 sarà sicuramente accelerato e facilitato, anche se spero che alcune aziende colgano questa opportunità fin da subito. Ed alcune lo stanno già realmente facendo… basta citare Lago Spa, azienda di arredamento che ha abbracciato in pieno la filosofia ed il princìpi del web 2.0
fonte www.shinteck.it/
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